Sull'origine di Marano Marchesato non si hanno notizie certe nè l'archeologia ha dato una risposta al riguardo. Il nome, a giudizio di qualcuno, deriverebbe dalla famiglia Marano che nel corso del medioevo diede asilo ad alcuni cittadini di Cosenza i quali, per sfuggire alle incursioni delle masnade saracene del vicino emirato di Amantea, si sparsero per le campagne e le colline adiacenti l'antica metropoli brettia, trovando asilo in questo territorio (Fagiani 1936:31).
Secondo un'altra ipotesi il nome sarebbe derivato da "marrani", aggettivo con cui gli arabi indicavano i miscredenti (dall'arabo mahran= cosa proibita).
A prescindere dall' origine del nome, l'ipotesi più accreditata sulla nascita della comunità locale è quella che fà risalire la sua formazione all'indomani del terremoto del 27 marzo 1638 che nella provincia di Cosenza provocò il decesso di quasi diecimila persone, come accertò il consigliere Ettore Capelcelato (Anelli-Savaglio 1989:136),
Tra gli abitanti, i vicini paesi di Rende Castelfranco subirono gravissinmi danni e alcuni dei loro abitanti trovarono rifugio nelle campagne adiacenti a Marano dove possedevano delle proprietà (Fonte 1980:121, Bilotto 1988:82).
Col tempo, le famiglie aumentarono e incominciarono a edificare delle case per soggiornarvi con più sicurezza, determinando la nascita di un nuovo agglomerato, il cui controllo originò un'aspra contesa tra i principi di Sersale di Castelfranco e i marchesi Alarcon y Mendozza di Rende (Savaglio 1996: 4).
La disputa si protrasse per diversi anni e nel 1684 il tribunale del Consigliio Collaterale di Napoli vi mandò un regio Tabulario col compito di accomodare la questione. Dopo questa fase una parte del borgo, quella sud-occidentale fu assegnata ai Sersale, e le restanti contrade poste agli Alarcon y Mendoza.
Marano Marchesato divenne quindi casale di Rende e ne seguì le vicende politiche e sociali fino al 1806, anno dell'evasione feudale (Savaglio 2002: 157).
Tratto da: "Le edicole sacre a Marano Marchesato Percossi di ricerca storico-demologica" di Lazzaro Chiappetta.